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Documenti - C.U. - Ufficio Stampa

TORNIAMO ALLA BASE – Intervista a coach Capobianco

10 Aprile 2025

Il progetto Torniamo alla Base ha acceso negli ultimi giorni i riflettori sul settore femminile, con le tappe di Valle d’Aosta e Piemonte a coinvolgere le ragazze del nostro territorio nei giorni dell’8 e del 9 aprile.

Abbiamo avuto modo di intervistare coach Andrea Capobianco, che ha guidato i diversi gruppi di giocatrici in questi due giorni, per chiedergli qualcosa di più sul progetto e sul movimento cestistico femminile.

Buongiorno coach. Iniziamo appunto dalla base: “Torniamo alla base”: cos’è e come nasce?
Si tratta di un progetto voluto dalla federazione, in collaborazione con il progetto Academy, per occuparsi delle fasce più alte del basket giovanile femminile, attraverso diversi obiettivi specifici: primo, cercare di creare tanto entusiasmo anche nelle ragazze più grandi; secondo, vedere se ai radar di interesse nazionale è sfuggito qualcosa nel corso del tempo e cercare di capire a che livello possono arrivare queste ragazze; ultimo, ma non meno importante, essere di sostegno a tutti gli allenatori e le persone che costituiscono la base del processo, una base fondamentale per il futuro, che possiamo aiutare essendo di supporto e mandando messaggi specifici.

Lo scopo di questi raduni è quindi quello di creare entusiasmo e, in un certo senso, di fare formazione?
Quello che dico sempre è che dobbiamo essere un sostegno per le società e a disposizione delle società. Dobbiamo mandare loro dei messaggi e dobbiamo farlo nelle modalità giuste, ma a livello di formazione è loro che dobbiamo ringraziare. Sono le società e i loro allenatori a formare i nostri ragazzi e le nostre ragazze e il più grande grazie va a loro, perché loro hanno la diretta responsabilità di queste atlete.

Negli ultimi anni si sta investendo molto nel basket femminile e una crescita nei numeri si è indubbiamente notata. A cosa è dovuto?
In realtà i numeri non sono molto in crescita, non come vorremmo, e noi adulti abbiamo una grande responsabilità in questo e nel cercare di non far disperdere le giocatrici. C’è un grande calo nelle fasce più alte, dove i numeri vanno a calare con l’aumentare dell’età delle atlete. È quello di cui parlavo prima: dobbiamo creare entusiasmo, dare un motivo alle ragazze di continuare questo percorso e continuare a divertirsi, lavorando alla base per aumentarla sempre più in prospettiva del futuro: più grande è la base, più grande sarà l’apice.

Ha appena concluso le tappe di Piemonte e Valle d’Aosta: come ha trovato il movimento femminile e l’attenzione verso di esso nelle nostre due regioni?
Come ho avuto modo di dire ai presidenti di entrambe i CR, Gianpaolo Mastromarco e Sara Favre, vado via molto contento. Ho trovato una grandissima capacità organizzativa: sono arrivato e ho dovuto semplicemente allenare, concentrato su quello che era il mio ruolo. C’è stata una profonda attenzione dei due RTT Manuele Petrachi e Raffaele Romano e ciò che mi ha davvero fatto piacere è stata proprio la collaborazione fra regioni per preparare al meglio questi due appuntamenti, nel puro interesse del movimento. Mi piace sempre parlare di gioco di squadra e quello che hanno fatto mi ha permesso di vedere, come paragrafo diverso dello stesso capitolo, la tanta qualità delle giocatrici presenti. Credo davvero che tante possano dire la loro: certo, non posso sapere dove arriveranno, perché molto dipenderà dalla formazione che continueranno a fare, ma ho visto ragazze dotate di grande disponibilità e di quello che io chiamo “Effetto spugna”, la capacità importantissima di assorbire ogni insegnamento e apprendere quello che viene loro proposto. Un’altra cosa che mi ha colpito e fatto piacere, infine, è stata la possibilità di poter colloquiare con allenatori e preparatori, in un confronto fondamentale per quello che cerchiamo di fare. Sono contento e fiducioso: hanno fatto qualcosa di importante, qualcosa in grado di emozionare e che sono certo rimarrà alle giocatrici, con la speranza che quando dovranno fare uno sforzo in più per raggiungere i loro obiettivi, tutto questo possa essere una goccia in più nel mare della volontà che sarà lì a spingerle.

Cosa si può fare ancora di più per aiutare la crescita del movimento femminile?
Una cosa su cui ho premuto tantissimo è il carico mentale dell’allenamento, inteso come quanto posso chiedere in attenzione alle atlete. Intendo la capacità di non essere mere esecutrici di un esercizio, ma di giocare e fare ogni cosa in modo autonomo. Se c’è concentrazione e autonomia in quello che si fa, tutti gli aspetti tecnici vengono di conseguenza. Un esempio è il tiro: per il basket di oggi non è più pensabile giocare ad alti livelli senza un tiro affidabile. Non si tratta però del semplice allenarlo, ma di comprendere e restare focalizzati su quello che si sta facendo per migliorare e costruire un fondamentale credibile. In questo senso, dobbiamo avere la capacità di inserire questo genere di carichi mentali nei ragazzi e di creare un contesto in cui i nostri atleti si divertano proprio ad avere maggiori carichi di questo tipo.

Un grazie a coach Capobianco per la disponibilità e per quanto, lui e la federazione, stanno facendo per il basket femminile su tutto il territorio nazionale.